Ecco alcune informazioni sul nostro rifugio:

  • Gruppo: Cimonega
  • Quota: 1718 m
  • Posti letto: 34 + 4 bivacco invernale
  • Ispettore: Loat Edy
  • Gestori: Erika De Bortoli e Andrea Marchetti

Per vostra e nostra maggiore sicurezza, i locali adibiti al pernottamento sono regolarmente oggetto di sanificazione.

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RIFUGIO BRUNO BOZ IN NEVA, CENNI DI STORIA

Già nei primi anni ’20 del Novecento alcuni soci della neo formata Sezione CAI di Feltre percorsero le praterie della conca di Neva alla ricerca di un sito panoramico alla base dei “Cadini” dove costruire un rifugio che avrebbe dato al sodalizio l’onore di competere con quelli più famosi delle altre sezioni venete e trentine. Lo trovarono, almeno idealmente, ma il loro sogno si realizzerà dopo circa cinquant’anni e attraverso eventi dolorosi.

La conca di Neva, come avveniva da secoli, era spartita tra le due malghe “venete” di Neva di Finestra e Nevetta, di proprietà della nobile famiglia feltrina dei Villabruna, poste alla sinistra del solco della Val Fonda e la malga “austriaca” sulla destra e più a nord, sul versante di Primiero.

A metà Ottocento il Seminario Vescovile di Feltre entrò in possesso delle malghe venete per lascito testamentario del Canonico Bartolomeo Villabruna, ma un susseguirsi di eventi, il più tragico fu la Grande Guerra 1915-1918, ne limitarono l’uso per l’alpeggio dei bovini portando così al degrado di pascoli e casere.

Negli anni ’30 del Novecento arriva il momento della riscossa a opera di don Pompeo Bertolini (*1881 +1949), allora direttore del Seminario Vescovile di Feltre, che seppe sognare ma anche realizzare il suo sogno consono al ruolo di sacerdote.

Egli riuscì a presentare a Roma i progetti di bonifica dei pascoli abbandonati della conca di Neva evidenziando la necessità di costruire ex novo casere e stalle per la ripresa della monticazione. Riuscì così a ottenere adeguati finanziamenti per la realizzazione degli edifici nel sito rialzato dove si trova oggi il Rifugio.

La guerra 1940-1945 e le intemperie ritardarono i lavori (la stalla crollò nell’inverno 1941 per il peso della neve) e malga Neva, con la nuova casera, riprese a funzionare dalla fine della guerra, ma oramai stavano arrivando i tempi dell’abbandono dei pascoli alpini.

Nel 1953 la malga viene venduta al Comune di Mezzano, che tuttora ne è il proprietario.

Ancora abbandono, ma anche luogo di incontro e di rifugio per chi saliva lassù, come Bruno Boz che il 13 ottobre 1966, alla giovane età di 36 anni, cadde in un pendio erboso lasciando nel lutto e nello sconforto moglie, figli e amici. Dal dolore dei famigliari e dall’affetto di compaesani e amici cacciatori e dal forte spirito di solidarietà del CAI di Feltre, scaturì l’impegno di adattare l’edificio della malga Neva dapprima a Bivacco, inaugurato il 26 luglio 1970 alla presenza di 600 persone e poi a Rifugio custodito per alcuni anni da Mario Meneguz (Scudelin) e dal 1982 al 2020 da Daniele e Ginetta Castellaz.

Per la realizzazione delle opere ci fu un concorso di energie e solidarietà finanziarie straordinarie. Il Comune di Mezzano mise a disposizione il materiale e si assunse l’onere finanziario per il restauro dell’edificio gravemente danneggiato dall’alluvione del novembre 1966 e altrettanto fece il Comitato promotore con la collaborazione della Sezione CAI di Feltre per la realizzazione del Bivacco vero e proprio.

Per il trasporto del materiale dalla Val Noana provvidenziale fu l’opera del Gruppo Alpini di Artiglieria Montagna di Agordo di stanza a Feltre, mentre dalla Valle di Canzoi si attivarono in tanti. Tutte le domeniche molte persone salivano dal fondovalle fino al Col d’Istiaga dove il materiale era stato trasportato con un trattore. Da lì ogni persona si caricava ciò che riteneva di potere trasportare salendo fino al Passo Finestra per poi scendere a malga Neva e ci furono due ragazzi che in una domenica riuscirono a compiere ben tre viaggi. E non dimentichiamo Mario Scudelin con la sua mula Gina, che si impegnò molto per trasportare le cose più pesanti.

Nell’agosto 2010, in occasione del 40° del rifugio è stato festeggiato il restauro dello stallone e nel 2011, con una commovente cerimonia è stato dedicato il bivacco invernale a Matteo Fiori, alpinista appassionato del Sass de Mura, da poco scomparso.

(dal libro “Andar per monti la grande passione”, ed. CAI Feltre 2012, pp 120-123)

Qui sotto, il rifugio Boz in una foto di Roberto De Pellegrin

Il Rifugio Bruno Boz - Foto di Roberto De Pellegrin